Quando anche le riflessioni di un pilastro della sociologia come Zygmunt Bauman trasmettono un sapore di smarrimento allora si ha la netta conferma di essere di fronte a un’emergenza.
Questo il messaggio che si è colto il 29 ottobre scorso al Salone dell’Editoria Sociale di Roma assistendo alla Lectio Magistralis del professor Bauman dal titolo “Quali sono i problemi sociali, oggi?”
La crisi in atto, che non è solo capitalistica, è conseguenza di effetti a catena causati in prima istanza da uno stile di vita a cui una certa parte del mondo ha voluto credere. Il desiderio di sentirsi sempre più liberi si è riversato sui mercati, che hanno continuamente cercato la loro deregolamentazione, convincendo le masse che questo avrebbe assicurato una ricchezza più diffusa. Meno regole avrebbero permesso di “fertilizzare” nuove “terre vergini”, per usare una metafora di Bauman, pronte a dare nuovi frutti capaci di migliorare il benessere collettivo.
L’ultima terra vergine è stata quella del debito. Scoperta trent’anni fa, si è voluto convincere un grande numero di consumatori avveduti, che fosse un anacronismo spendere in base alle proprie disponibilità e che fosse più intelligente utilizzare anche i risparmi, per ipotecare fin da subito uno status ineluttabile ma che si sarebbe raggiunto solo dopo molti anni. Così è stata inventata la carta di credito, che ha corroborato la frenesia di accaparramento, creando una nuova società, tachicardica, dipendente dal consumo compulsivo e dal reintegro di conto corrente. Senza tenere conto delle marginalità, cioè della decrescita dei profitti all’aumentare della produzione, che avrebbe costretto l’economia globale ad una crescita ad oltranza, forzosa, irrealizzabile.